zaidita
s. m. e agg. (relig.) membro della setta sciita che ripudia il concetto dell'infallibilità dell'imam, oggi diffusa soprattutto nello Yemen.
1778
[GRADIT 1933]
- Anton Friedrich Busching [trad. it. di Gaudioso Jagemann],
Nuova geografia, tomo XXVI, Venezia, Antonio Zatta, 1778, p. 26: "I cinque partiti maggiori sono i Kassabiani, Gholati, Nosairiani [Nazareni], Isakiani, e Zeidiani, ovvero ancor meglio Zeiditi. Di questa seconda setta de' Maomettani sono molti Persiani o Indiani".
- Giovanni Bernardo De Rossi,
Dizionario storico degli autori arabi, Parma, dalla Stamperia imperiale, 1807, p. 116: "Leone Africano, scrittore molto celebre, chiamato prima Alhassam ben Mohamed Alvazan, nacque in Granata dalla nobile famiglia dei zaiditi, ma fu educato ed istruito nelle lettere e nelle scienze in Fez, nelle quali egli fece studi tanto profondi, che ebbe il vanto di pubblicare molte celebratissime opere".
Cfr. G. Zarra, Retrodatazioni di islamismi, in "Studi linguistici italiani", vol. XLIII, fasc. II, 2017, pp. 257-266: la forma zeidita è settecentesca, mentre la forma zaidita comincia a diffondersi solo all'inizio dell'Ottocento. In questo articolo Zarra recupera letteratura odeporica ed erudita di Sette e Ottocento per documentare la circolazione di arabismi di ambito religioso che si sono poi maggiormente diffusi in anni più recenti.
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Scheda di redazione - 07/09/2018