analfabetismo

s. m. fenomeno sociale costituito dalla presenza, in determinate regioni o stati, di individui incapaci di leggere o di scrivere.
1858 [DELIN 1883 (Manfroni), GDLI 1890 (Arlia), GRADITe 1883, Panzini 1905]
- Resoconto generale sulla leva 1857, in "L'Italiano-Gazzetta del Popolo", a. XI, n. 252, 25 ottobre 1858, p. [2]: "Ciò posto, se malgrado il molto che il municipio Genovese già fece, tuttavia in fatto di analfabetismo i coscritti di Genova disputano quasi il primato a quelli di Lanusei [...]".
- Cesare LOMBROSO, Sull'incremento del delitto in Italia e sui mezzi per arrestarlo, Torino, Fratelli Bocca, 1879, p. 7: "[...] ma nel giorno che queste [le classi agricole], grazie all'istruzione obbligatoria, si siano levate dall'analfabetismo e dai pregiudizi e in grazie al suffragio universale trovino aperte le porte del governo, in quel giorno, esse costituiranno un'armata terribile e giustamente indignata contro le classi borghesi". Cfr. De Fazio 2012.
Cfr. Rocco Luigi Nichil, "Fu chiamato analfabeto, come quasi non havesse imparato nè pur l'alfabeto". Storia della parola "analfabeta" (o "analfabeto") in italiano, Lecce, Università del Salento, 2023, p. 93.
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Scheda di redazione - 04/12/2023